La storia della fotografia descrive le vicende che portarono alla realizzazione di uno strumento capace di registrare il mondo circostante grazie all'effetto della luce. Utilizzando le scoperte e gli studi iniziati già nell'antica Grecia, la fotografia si concretizzò agli inizi dell''800 e si sviluppò arrivando alla riproduzione del colore e all'utilizzo di supporti digitali, imponendosi inoltre come mezzo artistico capace di supportare e affiancare le altre arti visuali.
La fotografia si è affermata nel tempo dapprima come procedimento di raffigurazione del paesaggio e dell'architettura, poi come strumento per ritrarre la nascente borghesia e il popolo. La diffusione sempre maggiore del mezzo fotografico portò ad uno sviluppo della sensibilità estetica e all'indagine artistica del nuovo strumento, consentendone l'accesso nelle mostre e nei musei. Ebbe inoltre un ruolo fondamentale nello sviluppo del giornalismo e nel reportage e il miglioramento della tecnologia ne contribuì l'estensione anche nella cattura di immagini dello spazio e del micromondo.
PRIMA TAPPA:
La prima tappa fondamentale nella storia affascinanate della Fotografia è stata l'invenzione della Camera Oscura, parte essenziale della macchina fotografica. In realtà però l'uomo non ha inventato nulla, è stato solo abile nell'imitare un "brevetto" della natura. L'occhio umano, infatti, è costruito sullo stesso principio della camera oscura: la lente dell'obbiettivo corrisponde al cristallino e il foro di entrata della luce alla pupilla, al di là della quale si trova la camera oscura dell'occhio, sul cui fondo vi è la rètina, dove si proiettano, rovesciate, le immagini del mondo esterno. Noi vediamo le immagini dritte perché il nostro cervello con un procedimento incredibilmente affascinante e complicato le raddrizza.
Indistintamente tutti gli apparecchi fotografici, anche i piu' moderni, sono formati da una piccola camera oscura, che sfrutta quello che è uno dei piu' elementari fenomeni dell'ottica.
L'effetto "camera oscura" si nota a volte, durante le ore piu' luminose dell'estate, al chiuso di stanze nelle quali la luce filtra attraverso le persiane e proietta, capovolte sul muro o sul soffitto, le immagini della strada. Questo è il principio fondamentale della camera oscura.
Sembra che il primo ad averla concepita sia stato Aristotele, addirittura nel IV secolo a.C. allo scopo di osservare un'eclissi di sole. Nel 1039 l'erudito arabo Alhazan Ibn Al-Haitham la usò anche lui per osservare un'eclisse.
Nel 1515 Leonardo da Vinci, studiando la riflessione della luce sulle superfici sferiche descrisse una camera oscura che chiamò Oculus Artificialis (occhio artificiale). Un apparecchio del genere, anche stavolta usato per studiare l'eclissi solare del 24 gennaio 1544, fu illustrato pure dallo scìenziato olandese Rainer Geinma Frisius.
invenzione
Verso la fine del 1700 l'inglese Thomas Wedgwood, figlio di un famoso ceramista di quel tempo, sperimentò l'utilizzo del nitrato d'argento, prima rivestendone l'interno di recipienti ceramici, poi immergendovi dei fogli di carta esposti poi alla luce dopo avervi deposto degli oggetti. Si accorse che dove la luce colpiva il foglio, la sostanza si anneriva, mentre rimaneva chiara nelle zone coperte dagli oggetti. Queste immagini, però, non si stabilizzavano e perdevano rapidamente contrasto se mantenute alla luce naturale, mentre riposti all'oscuro potevano essere viste alla luce di una lampada (a olio) o di una candela.
Le prime fotografie destarono subito l'interesse e la meraviglia dei curiosi che affollarono le sempre più frequenti dimostrazioni del procedimento. Rimasero sbalorditi dalla fedeltà dell'immagine e di come si potesse distinguere ogni minimo particolare, altri paventarono un abbandono della pittura o una drastica riduzione della sua pratica. Questo non avvenne, ma la nascita della fotografia favorì e influenzò la nascita di importanti movimenti pittorici, tra cui l'impressionismo, il cubismo e il dadaismo.
La fotografia si affiancò e in alcuni casi sostituì gli strumenti di molti specialisti. La possibilità di catturare un paesaggio in pochi minuti e con una elevata quantità di particolari fece della fotografia l'ideale strumento per i ricercatori e i viaggiatori. Particolarmente attivo fu l'editore Lerebours che ricevette grandi quantità di dagherrotipi dalla Grecia, da Medio Oriente, Europa e America che furono trasformati in acquatinte per la pubblicazione nella serie Excursion daguerriennes.
Nonostante questi successi incoraggianti, la fotografia incontrò inizialmente dei problemi nel ritrarre figure umane a causa delle lunghe esposizioni necessarie. Anche se illuminato da specchi che concentravano la luce del sole, immobilizzato con supporti di legno per impedire i movimenti, il soggetto doveva comunque sopportare una esposizione di almeno otto minuti per ricevere una fotografia in cui appariva con occhi chiusi e un atteggiamento innaturale.Il 1841 fu l'anno dell'evoluzione della sciadografia in calotipia ad opera di Talbot, che intuì la possibilità di terminare la trasformazione dei sali d'argento non solo mediante l'azione della luce, ma con l'utilizzo di un nuovo passaggio chiamato sviluppo fotografico. Mentre nella sciadografia l'esposizione continuava fino alla comparsa dell'immagine, nella calotipia l'esposizione venne ridotta a pochi secondi, ed era compito dello sviluppo far apparire l'immagine negativa finale. La carta veniva immersa in una soluzione di nitrato d'argento e acido gallico, esposta e immersa nella stessa soluzione che agisce da rilevatore permettendo la comparsa dell'immagine finale. La stampa necessaria per ottenere il positivo utilizzava il solito cloruro d'argento. Per questo nuovo procedimento Talbot richiese e ottenne un brevetto in Inghilterra, per monetizzare la sua scoperta e seguire l'esempio di Daguerre. Tra il 1844 e il 1846 Talbot produsse in migliaia di copie quello che può essere definito il primo libro fotografico, il Pencil of Nature, contenente 24 calotipi.
Grazie a questi progressi tecnologici, nuovi laboratori aprirono in tutto il mondo.
La moda dei ritratti si sviluppò rapidamente e ne usufruirono tutti i ceti sociali, grazie all'economicità del procedimento. Il dagherrotipo era di solito più apprezzato, perché produceva una sola copia, rendendola quindi più preziosa.
Lo studio di nuovi metodi e la ricerca di materiali per migliorare il processo fotografico non si arrestò. Nel 1851 Frederick Scott Archer introdusse un nuovo procedimento a base di collodio che affiancò e infine sostituì tutte le altre tecniche fotografiche.
FOTOGRAFIA E ARTE
Le carte de visite e tutte le immagini prodotte in tirature elevate risultavano di bassa qualità a causa della meccanizzazione dell'inquadratura e dello sviluppo. Alcuni laboratori imposero però uno stile estetico più ricercato, producendo ritratti più attenti al carattere del soggetto, utilizzando pose audaci, inquadrature più ravvicinate e illuminazioni studiate. A capo di questi laboratori troviamo solitamente dei pittori, scultori o artisti riconvertiti alla fotografia, che adottarono le tecniche delle arti maggiori anche nel nuovo procedimento. Si fecero portatori di questo nuovo corso gli studi di Nadar, un parigino dalla forte personalità che si rese noto anche per la prima fotografia aerea della storia nel 1858 a bordo di un pallone aerostatico corredato da camera oscura, e il laboratorio di Étienne Carjat. Davanti ai loro obiettivi si trovarono molti dei più importanti personaggi del periodo, come Charles Baudelaire, Gustave Courbet e Victor Hugo.
Ambientazioni particolari, drappeggi di velluto e luci soffuse esaltarono il soggetto, e dove non arrivava la scenografia si utilizzò il ritocco della fotografia, ammorbidendo i segni dell'età o cancellando imperfezioni. La tecnica del ritocco è stata sempre un'attività discussa tra chi intende la fotografica come un documento della realtà e chi vuole uno strumento flessibile per migliorare o realizzare la visione artistica del fotografo.
DOCUMENTO FOTOGRAFICO
La fotografia divenne strumento inseparabile del viaggiatore e del giornalista, che la utilizzò per divulgare gli eventi e i luoghi meno accessibili. I primi fotografi di viaggio dovettero trasportare l'ingombrante attrezzatura necessaria alla produzione di immagini con i primitivi procedimenti al collodio umido. I primi reportage nacquero già nel 1855, quando Roger Fenton trasportò sui campi di battaglia della Crimea un carro trainato da cavalli con tutto l'occorrente per la preparazione e lo sviluppo delle lastre di vetro. Felice Beato fotografò in India e in Cina, dove documentò il drammatico esito della seconda guerra dell'oppio. Ma non solo la guerra impegnò i fotografi. Grazie al lavoro di William Henry Jackson il Congresso istituì il Parco Nazionale di Yellowstone e nel 1888 venne fondata la National Geographic Society, che finanziò numerose spedizioni nel mondo.
Molti incarichi vennero affidati dalle istituzioni per la documentazione delle opere d'arte e delle città. Vennero prodotti dei reportage dei sobborghi di Glasgow e di altre città importanti, spesso accompagnate da studi sociologici e di analisi della popolazione.
La fotografia si è affermata nel tempo dapprima come procedimento di raffigurazione del paesaggio e dell'architettura, poi come strumento per ritrarre la nascente borghesia e il popolo. La diffusione sempre maggiore del mezzo fotografico portò ad uno sviluppo della sensibilità estetica e all'indagine artistica del nuovo strumento, consentendone l'accesso nelle mostre e nei musei. Ebbe inoltre un ruolo fondamentale nello sviluppo del giornalismo e nel reportage e il miglioramento della tecnologia ne contribuì l'estensione anche nella cattura di immagini dello spazio e del micromondo.
PRIMA TAPPA:
La prima tappa fondamentale nella storia affascinanate della Fotografia è stata l'invenzione della Camera Oscura, parte essenziale della macchina fotografica. In realtà però l'uomo non ha inventato nulla, è stato solo abile nell'imitare un "brevetto" della natura. L'occhio umano, infatti, è costruito sullo stesso principio della camera oscura: la lente dell'obbiettivo corrisponde al cristallino e il foro di entrata della luce alla pupilla, al di là della quale si trova la camera oscura dell'occhio, sul cui fondo vi è la rètina, dove si proiettano, rovesciate, le immagini del mondo esterno. Noi vediamo le immagini dritte perché il nostro cervello con un procedimento incredibilmente affascinante e complicato le raddrizza.
Indistintamente tutti gli apparecchi fotografici, anche i piu' moderni, sono formati da una piccola camera oscura, che sfrutta quello che è uno dei piu' elementari fenomeni dell'ottica.
L'effetto "camera oscura" si nota a volte, durante le ore piu' luminose dell'estate, al chiuso di stanze nelle quali la luce filtra attraverso le persiane e proietta, capovolte sul muro o sul soffitto, le immagini della strada. Questo è il principio fondamentale della camera oscura.
Sembra che il primo ad averla concepita sia stato Aristotele, addirittura nel IV secolo a.C. allo scopo di osservare un'eclissi di sole. Nel 1039 l'erudito arabo Alhazan Ibn Al-Haitham la usò anche lui per osservare un'eclisse.
Nel 1515 Leonardo da Vinci, studiando la riflessione della luce sulle superfici sferiche descrisse una camera oscura che chiamò Oculus Artificialis (occhio artificiale). Un apparecchio del genere, anche stavolta usato per studiare l'eclissi solare del 24 gennaio 1544, fu illustrato pure dallo scìenziato olandese Rainer Geinma Frisius.
invenzione
Verso la fine del 1700 l'inglese Thomas Wedgwood, figlio di un famoso ceramista di quel tempo, sperimentò l'utilizzo del nitrato d'argento, prima rivestendone l'interno di recipienti ceramici, poi immergendovi dei fogli di carta esposti poi alla luce dopo avervi deposto degli oggetti. Si accorse che dove la luce colpiva il foglio, la sostanza si anneriva, mentre rimaneva chiara nelle zone coperte dagli oggetti. Queste immagini, però, non si stabilizzavano e perdevano rapidamente contrasto se mantenute alla luce naturale, mentre riposti all'oscuro potevano essere viste alla luce di una lampada (a olio) o di una candela.
Le prime fotografie destarono subito l'interesse e la meraviglia dei curiosi che affollarono le sempre più frequenti dimostrazioni del procedimento. Rimasero sbalorditi dalla fedeltà dell'immagine e di come si potesse distinguere ogni minimo particolare, altri paventarono un abbandono della pittura o una drastica riduzione della sua pratica. Questo non avvenne, ma la nascita della fotografia favorì e influenzò la nascita di importanti movimenti pittorici, tra cui l'impressionismo, il cubismo e il dadaismo.
La fotografia si affiancò e in alcuni casi sostituì gli strumenti di molti specialisti. La possibilità di catturare un paesaggio in pochi minuti e con una elevata quantità di particolari fece della fotografia l'ideale strumento per i ricercatori e i viaggiatori. Particolarmente attivo fu l'editore Lerebours che ricevette grandi quantità di dagherrotipi dalla Grecia, da Medio Oriente, Europa e America che furono trasformati in acquatinte per la pubblicazione nella serie Excursion daguerriennes.
Nonostante questi successi incoraggianti, la fotografia incontrò inizialmente dei problemi nel ritrarre figure umane a causa delle lunghe esposizioni necessarie. Anche se illuminato da specchi che concentravano la luce del sole, immobilizzato con supporti di legno per impedire i movimenti, il soggetto doveva comunque sopportare una esposizione di almeno otto minuti per ricevere una fotografia in cui appariva con occhi chiusi e un atteggiamento innaturale.Il 1841 fu l'anno dell'evoluzione della sciadografia in calotipia ad opera di Talbot, che intuì la possibilità di terminare la trasformazione dei sali d'argento non solo mediante l'azione della luce, ma con l'utilizzo di un nuovo passaggio chiamato sviluppo fotografico. Mentre nella sciadografia l'esposizione continuava fino alla comparsa dell'immagine, nella calotipia l'esposizione venne ridotta a pochi secondi, ed era compito dello sviluppo far apparire l'immagine negativa finale. La carta veniva immersa in una soluzione di nitrato d'argento e acido gallico, esposta e immersa nella stessa soluzione che agisce da rilevatore permettendo la comparsa dell'immagine finale. La stampa necessaria per ottenere il positivo utilizzava il solito cloruro d'argento. Per questo nuovo procedimento Talbot richiese e ottenne un brevetto in Inghilterra, per monetizzare la sua scoperta e seguire l'esempio di Daguerre. Tra il 1844 e il 1846 Talbot produsse in migliaia di copie quello che può essere definito il primo libro fotografico, il Pencil of Nature, contenente 24 calotipi.
Grazie a questi progressi tecnologici, nuovi laboratori aprirono in tutto il mondo.
La moda dei ritratti si sviluppò rapidamente e ne usufruirono tutti i ceti sociali, grazie all'economicità del procedimento. Il dagherrotipo era di solito più apprezzato, perché produceva una sola copia, rendendola quindi più preziosa.
Lo studio di nuovi metodi e la ricerca di materiali per migliorare il processo fotografico non si arrestò. Nel 1851 Frederick Scott Archer introdusse un nuovo procedimento a base di collodio che affiancò e infine sostituì tutte le altre tecniche fotografiche.
FOTOGRAFIA E ARTE
Le carte de visite e tutte le immagini prodotte in tirature elevate risultavano di bassa qualità a causa della meccanizzazione dell'inquadratura e dello sviluppo. Alcuni laboratori imposero però uno stile estetico più ricercato, producendo ritratti più attenti al carattere del soggetto, utilizzando pose audaci, inquadrature più ravvicinate e illuminazioni studiate. A capo di questi laboratori troviamo solitamente dei pittori, scultori o artisti riconvertiti alla fotografia, che adottarono le tecniche delle arti maggiori anche nel nuovo procedimento. Si fecero portatori di questo nuovo corso gli studi di Nadar, un parigino dalla forte personalità che si rese noto anche per la prima fotografia aerea della storia nel 1858 a bordo di un pallone aerostatico corredato da camera oscura, e il laboratorio di Étienne Carjat. Davanti ai loro obiettivi si trovarono molti dei più importanti personaggi del periodo, come Charles Baudelaire, Gustave Courbet e Victor Hugo.
Ambientazioni particolari, drappeggi di velluto e luci soffuse esaltarono il soggetto, e dove non arrivava la scenografia si utilizzò il ritocco della fotografia, ammorbidendo i segni dell'età o cancellando imperfezioni. La tecnica del ritocco è stata sempre un'attività discussa tra chi intende la fotografica come un documento della realtà e chi vuole uno strumento flessibile per migliorare o realizzare la visione artistica del fotografo.
DOCUMENTO FOTOGRAFICO
La fotografia divenne strumento inseparabile del viaggiatore e del giornalista, che la utilizzò per divulgare gli eventi e i luoghi meno accessibili. I primi fotografi di viaggio dovettero trasportare l'ingombrante attrezzatura necessaria alla produzione di immagini con i primitivi procedimenti al collodio umido. I primi reportage nacquero già nel 1855, quando Roger Fenton trasportò sui campi di battaglia della Crimea un carro trainato da cavalli con tutto l'occorrente per la preparazione e lo sviluppo delle lastre di vetro. Felice Beato fotografò in India e in Cina, dove documentò il drammatico esito della seconda guerra dell'oppio. Ma non solo la guerra impegnò i fotografi. Grazie al lavoro di William Henry Jackson il Congresso istituì il Parco Nazionale di Yellowstone e nel 1888 venne fondata la National Geographic Society, che finanziò numerose spedizioni nel mondo.
Molti incarichi vennero affidati dalle istituzioni per la documentazione delle opere d'arte e delle città. Vennero prodotti dei reportage dei sobborghi di Glasgow e di altre città importanti, spesso accompagnate da studi sociologici e di analisi della popolazione.